Quando l'imperatore era un dio ~ Julie Otsuka

GdL Una sfida al mese con Mondo Parallelo marzo - maggio 2015

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    Titolo: Quando l'imperatore era un dio
    Autore: Julie Otsuka
    Anno di pubblicazione: 2002
    Editore: Bollati Boringhieri
    Pagine: 153
    Trama
    "Quando l'imperatore era un dio" racconta un'altra pagina poco conosciuta della storia americana: l'internamento dei cittadini di origine giapponese nei campi di lavoro dello Utah, in seguito all'attacco di Pearl Harbour. Un tranquillo padre di famiglia arrestato nel cuore della notte; sua moglie, i suoi bambini costretti a un viaggio verso l'ignoto. Una storia emblematica del destino di chi divenne invisibile per tutta la durata della guerra.
     
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    Titolo: Quando l'imperatore era un dio
    Titolo originale: When the Emperor Was Divine (202)
    Autore: Julie Otsuka
    Traduttore: Silvia Pareschi
    Paese: U.S.A.
    Genere: Narrativa, storico
    Editore: Bollati Boringhieri (collana Varianti)
    Prima Edizione: 2013
    Scheda IBS
    Trama:
    Quando l’imperatore era un dio racconta cosa accadde alle spose «in fotografia», protagoniste di Venivamo tutte per mare, dopo lo scoppio della guerra, dopo Pearl Harbour, dopo l’ordine di evacuazione del febbraio 1942 che le costrinse a lasciare le loro abitazioni per essere internate nei campi di lavoro.
    «Evacuazione e ricollocazione» sono due terribili parole che nessuno penserebbe mai di accostare agli Stati Uniti del Ventesimo secolo. Eppure sono cittadini americani, anche se di origine giapponese, quelli allertati e invitati a concentrarsi, nello spazio di poche ore, in luoghi deputati, con un bagaglio minimo, per essere «trasferiti» altrove. Eppure un tranquillo padre di famiglia di Berkeley, California, viene arrestato nel cuore della notte, in pigiama e pantofole, e interrogato fino allo sfinimento. Eppure sua moglie, la donna che rientra impassibile a casa e sceglie per sé e i due figli i pochi oggetti per il viaggio, seppellisce e nasconde tutto quello che vorrebbe conservare, si libera con decisione di tutto ciò che non può più proteggere, sale poi su un treno diretto verso l’ignoto, proprio come tanti cittadini di Paesi europei nello stesso periodo.
    Sappiamo molte cose dei «campi» nazisti, pochissime dei «campi» americani per cittadini di dubbia lealtà. Julie Otsuka racconta, con il suo stile sobrio, solo in apparenza distaccato, la storia emblematica di quattro di loro, rievocando il destino di chi divenne invisibile per tutta la durata della guerra.
     
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    finalmente mi ci dedico con maggior impegno^^
     
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    Finito^^
    letto in un paio di giorni seppure non in maniera continuativa
    Bello, semplice ma arriva dritto al sodo. Ancora non ho ben metabolizzato ma le ultime due pagine sono poesia.
    Vale la pena sicuramente anche solo per conoscere cosa hanno vissuto i giapponesi in territorio americao durante la guerra.
     
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    L'avevo finito anche io, anche se non ho commentato D:
    Mi è piaciuto, forse un po' meno rispetto a "Venivamo tutte per mare", dove lo stile narrativo era (per me) più coinvolgente. Di nuovo la Otsuka ci racconta una parte della storia dei giapponesi americani non troppo conosciuta, e lo fa in poche pagine ma in modo incisivo; in particolare, mi ha toccato molto la parte in cui
    tornano nella loro casa e non riescono a togliersi di dosso le abitudini prese durante la prigionia nel deserto
    Concordo con Ker sul finale, molto bello :)
     
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    concordo anch'io: il primo è stato più coinvolgente. Questo mi ha un po' fiaccato verso la metà, ma essendo breve è stata un'impressione rapida^^
     
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    Julie Otsuka aveva accennato al periodo di internamento subito dai giapponesi in terra statunitense nel libro "Venivamo tutte per mare" e speravo che in questo volumetto parlasse in maniera più specifica della cosa.
    In un certo senso lo ha fatto... ma attraverso gli occhi e le parole di una famiglia sola, con descrizione lirica degli eventi e delle emozioni, senza scendere nei dettagli storici più crudi.
    Interessante, ma non soddisfacente. Una narrazione frammentaria, così come frammentario potrebbe essere il ricordo delle emozioni provate dai protagonisti (madre, padre, il bambino e la bambina) a qualche distanza dagli eventi.
    Sarà che non ho un animo esattamente poetico, ma mi ha lasciato insoddisfatta... esattamente come l'altro libro citato sopra.
     
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    Per chi volesse procurarselo, per tutto il fine settimana è a sconto in e-book su ibs e altri siti a 2,99 (prezzo sicuramente più appropriato a quello di catalogo, date le dimensioni del romanzo D:)
     
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    nein... Rimedierò ;)
     
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    Lascio che le cose mi portino altrove

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    Eccomi anche io!

    Allora, a me è piaciuto abbastanza, niente di particolare e abbastanza simile a "venivamo tutte per mare".
    Mi è piaciuta la forma corale-familiare, e ho trovato anche azzeccati i momenti di narrazione. Mi è piaciuta la capacità dell'autrice che in una forma-libro non descrittiva e non saggistica ha saputo scrivere un romanzo storico, ricco ed abbastanza evocativo.
    Lo stratagemma della vista con gli occhi del bambino mi ha conquistata, ed è stato l'unico punto in cui in realtà ho avuto un moto di empatia. I capitoli precedenti li ho trovati molto orientali, quindi piuttosto freddi, i due finali abbastanza occidentali e forse fin troppo "caldi". Le ultime tre pagine non mi hanno mosso come con Ker!

    Insomma, io direi un 3 stelle e mezzo - se non si legge la quarta di copertina che paragona i campi americani a quelli nazisti che proprio sono quanto di più diverso possa essere concepito imho. Similitudine messa lì proprio per "acchiappare" che invece è fuorviante e che probabilmente il lettore sensibile potrebbe ritenere quasi offensiva.
     
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    Sono solo io insensibile...
     
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    detto anche l'impanicato

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    CITAZIONE (taksya @ 26/4/2015, 18:09) 
    Sono solo io insensibile...

    Nono... a me questo libro ha detto davvero poco, quasi nulla direi. Ho apprezzato soltanto l'ultima parte scritta in prima persona, perché a differenza del resto ha secondo me uno spunto in più. Il ritorno a casa, il fatto che tutto era al suo posto (visto dal di fuori), ma allo stesso tempo tutto era cambiato: è tutto qui il libro vero e proprio.

    Il resto mi è sembrato perlopiù contorno, qualcosa di cui non sentivo il bisogno (soprattutto avendo letto almeno due o tre libri nell'ultimo anno in cui si narravano vicende accadute nei campi di concentramento della seconda guerra mondiale).

    Il libro è tutto in quelle 30 pagine, davvero un po' poco...
     
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    detto anche l'impanicato

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    Con questo, giusto per spiegarmi, non voglio dire che le sofferenze degli immigrati giapponesi non siano state rilevanti, ma soltanto che i fatti narrati non sono riusciti a colpirmi emotivamente...
     
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    Con entrambi i libri ho avuto l'impressione che il tema dell'internamento dei giapponesi americani non sviluppi appieno questa parte di Storia Americana che è stata nascostw sotto il tappeto.
    Mi ha dato l'idea che non stimoli abbastanza la curiosità a riguardo.
    Poi probabilmente sono io che sono fissata e pretendo di più...
     
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16 replies since 7/2/2015, 15:43   165 views
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