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RETOX
- All’arte di Ubris -
I
Rozza risorsa d’umana creazione
sorge l’homuncolo a figlio di scienza,
strana vendemmia di lor produzione:
schiava de’ studi e malata demenza,
striscia quel finto prodotto industriale
quasi ad orribile e folle semenza.
Genera ròbot del nulla che vale:
macchina stride, si piega l’imene,
feti nascenti a olocausto del male;
pompagli il cuore carburi alle vene,
morti s’assemblano, certa è rovina.
Vedi dell’uomo la prole e il suo gene:
Chèrnobyl, Sèllafield, e ier Fukushìma.
II
Rotte creature aberranti la vita,
rigurgitate dai fratti avelli
sono il dolore di questa ferita:
trainan col piede pesanti gl’anelli
scuri, legati a di piombo le sfere;
simili poi uguali, di madre fratelli.
Generan mostri le macchine fere
nati su serie l’automi s’un nastro,
vivon di nuovo tra amianto e lamiere;
muore nel cielo di ferro quell’astro,
urla brillando preghiere de’ folli,
muovon le membra composte ad incastro:
corpi a cataste de' morti son colli.
III
Pressa e ricrëa s’un ritmo ossessivo;
l’alta cortina di nubi dal forno
esce e s’infetta quell’onda del rivo:
quanto di gioia sapevasi adorno
perde dell’olio d’articolazioni;
ceppi ci stringon, e a numero torno.
Aprono il fiato malati i polmoni,
cala dal cielo divino un rasoio
china la testa ai novelli padroni:
stomaci vuoti sono serbatoio,
pestano polvere e muovon la rena,
alte le creste dell’elmo son cuoio
ai figli bastardi di questa catena.
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