Aria sottile

~ Jon Krakauer

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    Titolo: Aria sottile
    Autore: Jon Krakauer
    Anno: 1997
    IBS
    CITAZIONE
    Il 10 maggio 1996 una tempesta colse di sorpresa quattro spedizioni alpinistiche che si trovavano sulla cima dell'Everest. Morirono 9 alpinisti, incluse due delle migliori guide. Con questo libro, l'autore, che è uno dei fortunati che riuscirono a ridiscendere "la Montagna", scrive non solo la cronaca di quella tragedia ma intende anche fornire importanti informazioni sulla storia e sulla tecnica delle ascensioni all'Everest. Offre inoltre un esame provocatorio delle motivazioni che stanno dietro alle ascensioni ad alta quota, nonché una drammatica testimonianza del perché quella tragedia si poteva evitare.

    ****
    vorrei provare a scrivere due parole su questo libro, che mi ha coinvolto in maniera che non credevo possibile. la storia è quella vera, krakauer inviato come giornalista sull'everest, nel 1996 - sei delle persone che salgono con lui alla vetta moriranno in quella scalata, in tutto mi sembra 16 persone perderanno la vita sull'everest quell'estate.
    un libro di memorie a caldo, quindi, una ricerca della "verità" confusa, persa in ore di angoscia, narrata in maniera viva e... glaciale.
    la spinta ad andare oltre le proprie possibilità, il desiderio, la montagna, la speranza e la disperazione, la difficoltà, il freddo, la paura per se stessi e i compagni dispersi: c'è tutto, in un racconto vivido, che lascia davvero col fiato sospeso.
    ottima lettura, per chi è appassionato di montagne, scalate e alpinismo, per chi ne vuole sapere di più, per chi è semplicemente curioso.
     
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    CITAZIONE
    A cavalcioni del tetto del mondo, con un piede in Cina e l’altro in Nepal, ripulii la maschera dell’ossigeno dal ghiaccio che vi si era condensato sopra e, sollevando una spalla per ripararmi dal vento, abbassai lo sguardo inebetito sull’immensa distesa del Tibet.
    Avevo fantasticato tanto, per mesi e mesi, su quel momento e sull’ondata di emozioni che lo avrebbe accompagnato; e ora che finalmente ero lì, in piedi sulla cima del monte Everest, semplicemente non riuscivo a radunare energie sufficienti per concentrarmi.
    (PAG.23)

    CITAZIONE
    In segreto sognavo di scalare anch'io l'Everest, un giorno, e per oltre un decennio rimase un'ambizione bruciante. Quando raggiunsi la ventina, l'alpinismo era diventato il centro focale della mia esistenza e aveva escluso ogni altro interesse. Raggiungere la vetta di una montagna era un'esperienza tangibile, immutabile, concreta. I rischi insiti in questa attività le conferivano una serietà di intenti che era dolorosamente latitante nel resto della mia vita. Ero eccitato dalla prospettiva inedita che scaturisce dal capovolgimento del piano ordinario dell'esistenza. (PAG.38)

    Sia lodato il giorno in cui ad Ellen è passato per la testa di prestarmi questo libro. :)
    E' un libro magnetico, profondo, emozionante, reverenziale e dall'intento, per quanto possibile o impossibile, referenziale. L'impossibilità di rimanere lucidi in situazioni così estreme rende l'intero libro ancora più misterioso, forse morbosamente affascinante, coinvolgente, generdando una sorta di mistico rispetto per tutti coloro che, sapientemente o stoltamente, hanno affrontato in quelle loro condizioni la montagna più alta del mondo.
    La tragedia ha creato così tanto clamore-scalpore, suscitato un così folto insieme di pareri più o meno esperti, più o meno moralisti, da accentuare ancora di più l'aspetto drammatico e inevitabilmente pesante del tutto.
    A prescindere dalle difficoltà evidenti di riportare e ricostruire la vicenda in sè nel modo più lucido e coerente possibile, intervistando e parlando con i suoi compagni di scalata, Krakauer riesce a mettere in piedi un insieme coerente e direi anche ben delineato, nonostante tutti i vari problemi, non solo dei fatti ma anche delle difficoltà stesse di ricostruzione di come essi, molto probabilmente, si siano effettivamente svolti, lasciando intuire bene le difficoltà di tutti, l'assurdità di alcune situazioni,
    Effettivamente alla fine ne risulta non solo un ottimo lavoro di cronaca (come inviato speciale il compito inziale di Krakauer era quello di scrivere un articolo per la rivista Outside, seguito solo successivamente dalla sua idea di realizzazione del libro) ma anche un'ottima occasione di riflessione e di meditazione su quello che è stata non solo la vicenda ma anche la modalità in cui si è svolta, i vari stimoli che potenzialmente possono aver spinto gli altri compagni ad affrontare uno sforzo e un'impresa tale, andando oltre i propri limiti, perendo o, sorprendentemente, sopravvivendo.
    E' davvero difficile cercare di parlarne o esprimere ciò che si prova nella lettura perchè tutto è molto concentrato, denso e colmo di sensazioni ed emozioni. E Krakauer in questo è stato molto abile, non solo ha scritto il libro subito dopo il suo ritorno dalla disgrazia, cercando di raccogliere dati e lasciando chiaramente palpabile il senso cronista-documentativo della cosa, ma ha anche permesso che al lettore arrivassero tutta una serie di coinvolgimenti tali da rendere la partecipazione emotiva a mio avviso inevitabile.
    Non saprei che altro aggiungere... è davvero un ottimo libro, reale, tangibile, palpabile, non solo "materiale" ma anche, volendo, filosofico.

    Infine aggiungo che all'inizio di ogni capitolo l'autore inserisce varie citazioni per la maggior parte inerenti al mondo dell'alpinismo, le ho trovate molto significative e davvero "illuminanti" nel tentativo di comprendere ancora meglio lo stato d'animo ed entrare più a fondo nelle spinte motivazionali dell'impresa.
    Ne riporto solo alcune:

    CITAZIONE
    Per coloro che non si attardavano, la marcia giornaliera si concludeva nelle prime ore del pomeriggio, comunque di rado prima che il caldo e l'indolenzimento ai piedi ci costringessero a chiedere a ogni sherpa di passaggio: « Quanto manca ancora al campo? » La risposta, avremmo scoperto ben presto, era sempre la stessa: «Ancora un paio di chilometri, sah'b... »
    Le serate erano pacifiche, con il fumo che indugiava nell'aria silenziosa quasi a raddolcire il crepuscolo, le luci scintillanti sulla cresta dove ci saremmo accampati l'indomani, le nubi che sfumavano il contorno del passo da superare il giorno dopo. Una crescente eccitazione attirava di continuo il mio pensiero verso la cresta occidentale...
    Si avvertiva anche un senso di solitudine, al tramonto, ma ormai accadeva di rado che si riaffacciassero i dubbi. In quei momenti avevo l'impressione desolante di essermi lasciato alle spalle tutta la mia esistenza. Una volta raggiunta la montagna sapevo, o meglio confidavo, che quello stato d'animo avrebbe ceduto il posto a una concentrazione totale sul compito che mi attendeva. Ma a volte mi domandavo se non avessi percorso tanta strada solo per scoprire che quanto cercavo realmente era qualcosa che mi ero lasciato alle spalle.
    THOMAS F. HORNBEIN - Everest: The West Ridge
    (PAG.59)

    CITAZIONE
    Più la situazione appare insostenibile e le esigenze si fanno pressanti, più è dolce alla fine l'allentarsi della tensione, che consente al sangue di scorrere liberamente. La prossimità del rischio serve solo ad acuire la capacità di percezione e di controllo, è forse questa la molla di ogni sport pericoloso: si cerca deliberatamente di innalzare la soglia dello sforzo e della concentrazione per purificare la mente, si direbbe, dalle banalità. E' un modellino in scala della vita, ma con una differenza: mentre di solito nella routine quotidiana si possono correggere gli errori, raggiungendo una sorta di compromesso, in questo caso le azioni, sia pure per un breve periodo, hanno un effetto letale.
    A.Alvarez - The savage God. Study of Suicide
    (PAG.95)

    E forse la più emozionante :)
    CITAZIONE
    Non solo in salita, ma anche in discesa la mia forza di volontà si spegne. Più scendo, meno importante mi appare la meta, più mi sento indifferente verso me stesso. L'attenzione ha ceduto, la memoria è indebolita. La spossatezza mentale è ora ancora più grande di quella fisica. E così piacevole starsene seduti senza fare nulla e per questo è tanto pericoloso. La morte per sfinimento, come quella per congelamento, è una morte piacevole.
    REINHOLD MESSNER - Orizzonti di ghiaccio
    (PAG.215)

    Cercando le parti che volevo qui riportare ho trovato che qua c'è tutto! ^_^
     
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    Come ti ho già scritto sono avvero tanto felice che ti sia piaciuto, è un libro che ci ha rapito tutti in maniera inaspettata, coinvolgendoci al punto da stare fino all'alba a leggere senza sentire sonno o stanchezza.
    Insomma, tre su tre! Tocca che lo facciamo girare.

    Su ho accennato molto molto brevemente le mie sensazioni al riguardo, ma è un libro davvero così intenso che parlarne risulta difficile.

    Spulciando il link che hai postato metto anche io una citazione, "casuale" ma a suo modo emblematica del tono e della suggestione:
    CITAZIONE
    Lasciammo il campo base alle quattro e mezza di mattina del 6 maggio per dare inizio alla fase finale della scalata. La vetta del-l'Everest, tremilacinquecento metri più in alto, sembrava così incommensurabilmente distante che tentai di limitare i miei pensieri al Campo Due, la meta di quel giorno. Quando il primo raggio di sole investì il ghiacciaio ero già a 6100 metri di altezza, al centro del Cwm occidentale, grato al pensiero di essermi lasciato alle spalle la seraccata, che avrei dovuto superare ancora una sola volta, nella discesa finale. Ogni volta che avevo attraversato il Cwm ero stato tormentato dal caldo, e anche quel giorno non fece eccezione. Salendo in testa al gruppo insieme a Andy Harris, non facevo che ficcarmi neve sotto il berretto e muovermi alla velocità massima che mi era consentita dalle gambe e dai polmoni, sperando di arrivare all'ombra delle tende prima di soccombere alle radiazioni solari. Man mano che la mattinata si trascinava e il sole picchiava sul ghiacciaio, cominciai a sentirmi la testa pesante; mi si gonfiò la lingua al punto che mi riusciva difficile respirare dalla bocca e notai che era sempre più arduo riflettere con lucidità. Andy e io ci trascinammo nel Campo Due alle dieci e mezza del mattino. Solo dopo aver tracannato due litri di Gatorade, cominciai a ritrovare l'equilibrio. « È bello puntare finalmente verso la vetta, non è vero? » esclamò Andy.

     
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    Concordo pienamente!
    Gli altroviani sarebbero interessati a questa lettura come libro del mese? Per il resto come già detto in pv sto già mobilitando i possibili interessati. ^^

    Nella sua profondità quasi insonsabile e allo stesso tempo lampante ho incontrato anche io parecchie difficoltà nello scrivere queste due righe proprio perchè è così colmo di cose e di emozioni che è proprio un problema riuscire a fare mente locale su quello che si percepisce.
    E' una specie di libro d'avventura, ma realistico. Tu sai che ciò che leggi è avvenuto davvero, la "saga" è così epica e mitica, ma le foto, le discalie, i commenti precisi o le difficoltà nel narrare con lucidità ciò che è accaduto aprono una specie di spazio onirico e realistico allo stesso tempo, eppure un sogno-reale non esiste.
    Appena chiudo il libro mi accorgo che ho confusione in mente di nomi e sequenzialità dei tempi, son accadute così tante cose nel giro di quattro giorni raccontati, scritti in questo libro, che è impensabile per me aver chiarezza e ricordare tutto e tutti, eppure le emozioni rimangono presenti e forti, distinguibili in relazioni a pensieri più o meno mistici, comportamenti più o meno corretti, intransigenza o transigenza, tutto ne esiste.
    Non mi capita spesso di esser così trascinata da dormirci di meno, eppure è avvenuto e ammetto di aver rotto, e di continuare a farlo, le pelotas a chi mi capitava accanto, leggendo dei pezzi o dei momenti per me emblematici.

    Per l'appunto:
    CITAZIONE ([[ÿ @ 16/3/2011, 12:24) 
    CITAZIONE
    La vetta del-l'Everest, tremilacinquecento metri più in alto, sembrava così incommensurabilmente distante che tentai di limitare i miei pensieri al Campo Due, la meta di quel giorno.

    quanta potenza in una sola frase? Percepisci empaticamente la mente che vacilla di fornte tanta incommensurabile grandezza
     
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    boh tu prova a proporlo.. 'sto mese ci sono moltissime cose in ballo a dire la verità ^^
    Ma dato che hai già fornito l'ebook....


    CITAZIONE
    Tu sai che ciò che leggi è avvenuto davvero, la "saga" è così epica e mitica, ma le foto, le discalie, i commenti precisi o le difficoltà nel narrare con lucidità ciò che è accaduto aprono una specie di spazio onirico e realistico allo stesso tempo, eppure un sogno-reale non esiste.

    Sì, è quello... guardare le foto e pensare "non è un film, non c'è niente di inventato, non sono attori: sono loro, sono morti davvero e non si saprà mai davvero cosa è successo".

    Io invece l'ho trovato molto chiaro, senza confusione, ogni personaggio e ogni spedizione mi si è impressa subito chiara in testa (cosa strana visto che di solito tendo a dimenticare anche il mio, di nome =P)...
     
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    CITAZIONE ([[ÿ @ 16/3/2011, 13:13) 
    Io invece l'ho trovato molto chiaro, senza confusione, ogni personaggio e ogni spedizione mi si è impressa subito chiara in testa (cosa strana visto che di solito tendo a dimenticare anche il mio, di nome =P)...

    Ecco mitica che l'hai detto perchè misà che ho scritto male ahahahahaha diciamo che è scritto in modo molto chiaro e preciso, soprattutto se messo in relazione a situazioni così caotiche, direi che ha fatto un lavoro certosino.
    Solo che siccome io so zero con i nomi, quando chiudevo il libro mi rimanevano dentro queste immagini di persone, chi incasinato in un modo chi in un altro, e soprattutto le emozioni avute dalla lettura, dove non osi neppure provare ad immedesimarti già solo per timore reverenziale ma allo stesso tempo automaticamente l'inconscio lo fa e allora uno diventa empatico.
     
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    detto anche l'impanicato

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    Ricostruzione puntuale di Krakauer, per quello che ne possiamo sapere, di una tragedia avvenuta nel 1996 durante un tentativo di scalata alla vetta dell'Everest. L'autore, inviato per la rivista Outside, partecipa unendosi a una spedizione "commerciale", ovvero un tentativo di ascensione alla vetta, organizzato da professionisti, per consentire ad alpinisti dilettanti di raggiungere gli 8848 metri, il fatidico punto più alto della Terra.
    La lettura si è rivelata abbastanza piacevole per la prima metà. Krakauer fa un resoconto di questo tipo di modalità probabilmente troppo carico di giudizi, anche se non sempre espliciti. E credo che questo sia un punto di forza, oltre a essere inevitabile dato lo stato di shock in cui deve essersi trovato dopo il rientro a casa. Il fatto è che queste spedizioni commerciali agiscono a loro modo da precursori di un mondo in cui tutti possono fare tutto e nessuno sa fare un cazzo, danno l'idea di svilire l'alpinismo non tanto come sport, ma come arte, come ricerca filosofica di comprensione e superamento dei propri limiti, di sfida alla natura fino al pericolo più estremo, alla condizione più estrema. Queste autostrade di ghiaccio da percorrere, spianate da professionisti, in cui gli sherpa fanno da trasportatori come muli sottopagati, costano decine di migliaia di dollari agli alpinisti dilettanti, costano fatica, rischio della propria vita, di perdita degli arti oltre che della ragione. Qual è il loro fine? Dare un sapore avventuroso alla vita senza senso dell'uomo medio? Dargli un motivo di vanto? Mi ha lasciato molto perplesso questo punto. Devo dire anche che, a discapito della visione romantica della scalata, probabilmente è un'esperienza che varrebbe la pena fare, quindi la sensazione sgradevole è bilanciata alla perfezione dall'idea di quanto possa essere, almeno idealmente, fantastica la sensazione di raggiungere la vetta del mondo e da lì ammirare distense inerti di ghiaccio e roccia, strapiombi profondi centinaia di metri...
    La seconda metà del libro è adrenalina allo stato puro, di quella che ti tiene incollato fino alla fine e ti costringe a lottare e soffrire con i controversi protagonisti di questa drammatica vicenda.
     
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6 replies since 18/11/2010, 15:33   1380 views
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